08 GIU 2023

Apriamo un dialogo a partire da "La democrazia nemica di se stessa"

Illuminante e, si potrebbe addirittura dire, controcorrente, è la riflessione portata da Flores d’Arcais nel numero 3/2023 di MicroMega. Anche solo leggendo il breve estratto è subito chiaro il punto chiave della riflessione dell’autore: i grandi gesti di contestazione odierni possono realmente definirsi democratici o sono semplicemente un pretesto per alzare la voce senza lo sviluppo di spirito critico?

In merito al tema viene subito da pensare agli abbattimenti delle statue, la cosiddetta cancel culture, o ai più recenti episodi di protesta di “ambientalisti” dediti ad imbrattare opere d’arte, statue o facciate di edifici con vernici colorate. In entrambi i casi le conseguenze delle azioni intraprese sembrerebbero più nuocere alla causa originaria piuttosto che giovarle. Pensiamoci un momento: abbattere statue di personaggi della storia che sono ricordati principalmente per grandi imprese o gesti non farà altro che cancellare la figura di un personaggio che, se ricordato, lo sarà inevitabilmente per le sue buone azioni, quelle maggiormente citate nei libri di storia, e non per le sue scelte più discutibili, anche nel caso si tratti di personalità macchiatesi di terribili crimini o comportamenti condannabili. Non sarebbe meglio, quindi, scegliere di ricordare questi individui insegnando ai nostri bambini e bambine, ragazzi e ragazze, ciò che di giusto ma anche sbagliato hanno fatto?

Allo stesso modo se pensiamo alla rabbia e l’indignazione che riscuotono i gesti degli ambientalisti possiamo facilmente dedurre che, dei cittadini ancora poco sensibili alla causa ambientale, impersonifichino quest’ultima in quei gesti tanto indesiderati conducendo come conseguenza ad un distacco, se non un ripudio, del discorso sul cambiamento climatico e sulla sostenibilità ambientale.

Un altro episodio interessante da analizzare è la contestazione durante l’intervento al Salone del Libro di Torino della Ministra per la Famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella, da parte di un gruppo di giovani femministe e ambientalisti. Si è trattato di un episodio di dissenso forse troppo invasivo che avrebbe potuto lasciare maggiore spazio ad una diversa forma di dialogo, magari più costruttiva, che avrebbe impedito ai media di mettere maggiormente in risalto il gesto in sé e di accendere i riflettori sulle modalità “violente”, e di far emergere, invece, la giusta causa e le loro opinioni.

 

Proprio sull’odierno ambiguo ruolo dei media, di cui in parte tratta anche l’articolo in questione affrontando il tema del giornalismo contemporaneo, questi giovani attivisti dovrebbero porre particolare attenzione. In questi giorni più che mai, nel contesto italiano, notiamo come l’autonomia dei media e dei programmi di divulgazione sia messa dura prova dalla crescente influenza politica nel campo. L’obiettivo perciò dovrebbe essere quello di manifestare il proprio pensiero e la propria contrarietà rispetto ai temi odierni ponendosi come parte di un dialogo e non di una lotta. Questo sarebbe molto importante perché le preoccupazioni delle nuove generazioni sono fondate e ben riposte, il problema però è che si è sopraffatti dalla paura senza accorgersi che, come afferma anche Flores d’Arcais, la più grande paura è quella che il potere ha per la verità, la quale viene quindi aggirata distogliendo da questa l’attenzione della restante fetta di popolazione e puntando i riflettori sui gesti estremi dei giovani. Spetta a questi ultimi quindi, comprendere quanto sia necessario sviluppare uno spirito critico tale da riuscire a mettere e mettersi in discussione.

 

Dobbiamo però anche ammettere che lo sviluppo di uno spirito critico dovrebbe essere il fine ultimo della scuola, nella quale, invece, si osserva una tendenza all’insegnamento e all’apprendimento nozionistico e sterile che non incentiva la maggioranza dei ragazzi a cambiare prospettiva e vedere l’ambiente e il percorso scolastico come un’opportunità piuttosto che un dovere.

 

Forse dovremmo iniziare ad esigere un sistema scolastico che insegni ai futuri cittadini cosa significhi veramente essere cittadino, in primis del mondo, e poi della nazione, seguendo innanzitutto un percorso volto all’acquisizione della consapevolezza di se stessi, e dopodiché lo studio teorico, non viceversa.

 

Maria Lobascio

Studentessa in Scienze Internazionali per lo Sviluppo e la Cooperazione, Università di Torino

Tirocinante presso il Club per l'UNESCO di Torino